Vita e destino di un quadro
La Madonna Sistina di Raffaello attraverso la storia
19 aprile 2024 ore 21.15 - Fondazione Caript, Saloncino di Palazzo de’ Rossi, Pistoia
drammaturgia e regia Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni
con Marcella Culatti, Gianluca Guidotti, Elena Pirazzoli, Enrica Sangiovanni
si ringrazia la Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda, Alessandro Vanoli e il Centro Italiano di Studi di Storia e d’Arte
ingresso gratuito
nell’ambito del festival Storia&storie – Lezioni sull’uso e l’abuso della storia
Fondazione Caript, Saloncino di Palazzo de’ Rossi, Via de’ Rossi, 26 – Pistoia
«Al primo sguardo, una cosa risulta immediatamente e assolutamente chiara – è immortale. Mi accorsi che fino a quel momento avevo usato con leggerezza una parola terribile per la sua potenza: immortalità. Avevo confuso per immortalità la straordinaria forza vitale di alcune grandi opere del genio umano. E pur rimanendo intatta la mia ammirazione per Rembrandt, Beethoven, Tolstoj, compresi che di tutto ciò che era stato creato da un pennello, da uno scalpello, da una penna – soltanto questo quadro di Raffaello non morirà finché sarà vivo l’uomo. Ma forse, se anche l’uomo morirà, altri esseri che resteranno sulla terra al suo posto – lupi, ratti, orsi, rondini – verranno, camminando o volando, ad ammirare la Madonna… Hanno contemplato questo quadro dodici generazioni di uomini – la quinta parte del genere umano che ha vissuto sulla terra dall’inizio della nostra era a oggi».
Vasilij Grossman, La Madonna Sistina (1955)
La Madonna Sistina è un’opera inafferrabile, porta con sé tante storie. Raffaello Sanzio la dipinse tra il 1512 e il 1513 per la chiesa del monastero benedettino di San Sisto di Piacenza, su committenza di papa Giulio II. Due secoli e mezzo dopo i monaci decisero di venderla a un principe tedesco per fronteggiare i debiti accumulati nel corso degli anni: il pomeriggio del 21 gennaio 1754 la Madonna fu portata via con un carro con le insegne della Casa reale di Sassonia dipinte sui lati. Era chiusa in una cassa di legno grande quattro metri per tre, foderata di tela incerata e imbottita di paglia.
Qui inizia un viaggio nello spazio e nel tempo che porterà questa tela da Piacenza a Dresda e poi da Dresda a Mosca e ritorno. Al cospetto di questa magnifica donna col bambino in braccio una riflessione filosofica, poetica, spirituale che coinvolgerà, come un fiume carsico – quasi un’ossessione – tantissimi scrittori: Pushkin, Belinskij, Herzen, Turgenev, Tolstoj, Dostoevskij, Goncharov, Solov’ev, Florenskij, Benjamin, Mann e infine Vasilij Grossman che addirittura dedica a questo quadro una delle sue più emozionanti prose poetiche.
La drammaturgia è una costellazione di materiali provenienti dalle opere di Vasilij Grossman – non solo La Madonna Sistina, ma anche da Vita e destino e L’inferno di Treblinka – da documenti del ‘500 e da lettere originali del ‘700 sulla compravendita del quadro da parte del Principe Augusto III.
In scena quattro voci si inseguono: una voce maschile (Gianluca Guidotti) è l’occhio sempre in movimento dell’inviato e scrittore al seguito delle truppe; una voce femminile (Enrica Sangiovanni) è il pensiero poetico e significante del dipinto; una storica dell’arte (Marcella Culatti) analizza i significati artistici del dipinto e dell’opera di Raffaello e una storica (Elena Pirazzoli) ripercorre le tappe dei fortunosi viaggi della tela fin dentro agli orrori del Novecento.
Grazie a filmati originali girati da archiviozeta e alla riproduzione del quadro ad alta definizione concessa dalla Gemäldegalerie Alte Meister di Dresda si entra nella tela, ci accostiamo delicatamente ai dettagli dei volti, occhi negli occhi: da questa osservazione estatica veniamo precipitati nella Storia.
Come scrive ancora Vasilij Grossman: «Lei è un volto che soccorre i contadini uccisi negli anni della carestia, i figli dei bottegai ebrei uccisi nel pogrom di Kisinëv, i morti nelle cave di pietra, i boscaioli della taiga, i soldati nelle trincee allagate d’acqua e i fratelli e le sorelle di Treblinka. Quella donna con il figlio incarna il totalmente nuovo, come se ai sette colori dell’arcobaleno se ne aggiungesse un ottavo, che l’occhio non aveva mai visto».
LA MADONNA SISTINA dipinta da Raffaello nel 1512-1513 per i monaci benedettini della chiesa di San Sisto a Piacenza, che probabilmente volevano utilizzare l’immagine come stendardo da processione; questo almeno ci fa pensare il fatto che sia dipinta su tela e non su tavola, com’era consuetudine di Raffaello. L’opera fu venduta poi, nel 1754, al principe Augusto III, elettore di Sassonia, per sessantamila fiorini e collocata nella Pinacoteca di Dresda.
VASILIJ GROSSMAN (Berdicev, 12 dicembre 1905 – Mosca, 14 settembre 1964) è stato un giornalista e uno scrittore sovietico. Di origine ebraica, aderì all’ideologia e alle indicazioni del regime sovietico fino alla Seconda guerra mondiale, durante la quale fu corrispondente di guerra per il quotidiano dell’esercito Stella rossa e seguì il fronte fino alla Germania. In quel periodo cominciò a comporre una grande opera sulla guerra, incentrata sulla Battaglia di Stalingrado. Inoltre tra il 1944 e il 1945 lavorò a un’opera che documentava i crimini di guerra nazisti nei territori sovietici contro gli ebrei (Il libro nero). Dopo aver assistito alla campagna antisemita che avvenne in Unione Sovietica fra il 1949 e il 1953 maturò una diversa sensibilità, si trovò in dissidio con il regime e cadde in disgrazia. La stesura finale della sua grande opera sulla guerra, intitolata Vita e Destino, venne sequestrata e non avrebbe mai visto la luce se qualcuno non avesse conservato e fatto pervenire clandestinamente una o due copie a Losanna, dove fu stampato nel 1980.
MARCELLA CULATTI ha conseguito il titolo di dottore di ricerca in Storia dell’Arte nel 2007 presso il dipartimento delle Arti Visive di Bologna, dove ha lavorato per alcuni anni come titolare di assegni di ricerca. I suoi studi si sono incentrati sull’arte del Settecento, in particolare sulla pittura di paesaggio (sua la monografia Villa Montalto Negroni. Fortuna iconografica di un luogo perduto di Roma, Venezia 2009), e su problematiche iconografiche fra Cinque e Seicento (Viri Illustres, Allegorie delle Arti). Attualmente lavora presso la Fondazione Federico Zeri.
ELENA PIRAZZOLI dottore di ricerca in Storia dell’Arte all’Università di Bologna, è ricercatrice indipendente e si occupa di cultura visuale, studi memoriali e public history. Dal 2019 al 2023 è stata Wissenschaftliche Mitarbeiterin presso il Martin-Buber-Institut für Judaistik dell’Universität zu Köln. Collabora con Fondazione Villa Emma di Nonantola, Scuola di Pace di Monte Sole, Museo Ebraico di Bologna, la rete degli Istituti storici della Resistenza, Home Movies – Archivio Nazionale del Film di Famiglia e la compagnia teatrale archiviozeta.