Prometeo incatenato
di Eschilo
Al Sasso di San Zanobi
Eschilo conduce il nostro teatro verso le domande ultime, nelle lande desolate della Scizia, pone in essere il contrasto della materia e delle idee.
musiche originali di Giovanna Marini
con Luciano Ardiccioni, Alfredo Puccetti, Stefano Scherini, Enrica Sangiovanni, Elisabetta Mascitelli, Giulia Baracani, Franco Belli, Gilberto Colla, Gianluca Guidotti
assistenza musicale e direzione del coro Francesca Breschi
maschera Mario Serra, Ottana
costumi Anne Solgaard e Tina Visco
produzione Archivio Zeta 2008
Ritorniamo ancora ad Eschilo e alla sua parola poetica perché il nostro metodo di lavoro cerca ogni volta di fare piccoli grandi passi in avanti o indietro o intorno alla materia che ci è cara e forse inesauribile. Qui ci troviamo di fronte alla tragedia che meglio sintetizza il nostro percorso di questi anni: il recupero del peso della parola tragica inscritta in una partitura, il rapporto tra l’uomo e la natura e quindi lo spazio, il graduale discernimento di un testo complesso, arduo, che ci deriva da lontano ma che ci porta lontano nel pensare il mondo di oggi.
Se nei quattro anni precedenti la tensione è stata storico-civile adesso la contesa sarà tra uomo e techne, tra progresso e sviluppo. Eschilo conduce il nostro teatro verso le domande ultime, nelle lande desolate della Scizia, pone in essere il contrasto della materia e delle idee. Non ci sono più personae ma forme della mente, aggregati cellulari che parlano con l’andamento e la forza di Eschilo.
La colpa di Prometeo è di aver insegnato la tecnica agli uomini rendendoli da infanti quali erano, razionali e padroni della loro mente, e per questo viene incatenato alla roccia, privato della libertà e condannato a soffrire in eterno. Il nodo tragico che viene alla luce con la figura di Prometeo è il conflitto tra l’uomo naturale e l’uomo tecnico. Il libero arbitrio e la lotta titanica di Prometeo affermano questo dissidio archetipico. L’uomo è destinatario di tecniche e scienze e se ne potrà servire per l’evoluzione della specie.
Abbiamo scelto questo antico testo perché in esso è contenuto un magma ancora incandescente, i lapilli portano la riflessione verso la contemporaneità. Nessuna parola, nessun gesto, nessun personaggio di Eschilo possono essere estranei alla civiltà occidentale perché il suo pensiero è costantemente proteso in avanti: è riflessione mitica sull’uomo, la natura, e l’inscindibile rapporto che li tiene legati.
La scena naturale scelta per il debutto (agosto 2008) è il Sasso di San Zanobi, ubicato poco dopo il passo della Raticosa, nel territorio del Comune di Firenzuola in provincia di Firenze, suggestiva parete di roccia preistorica che si staglia nel paesaggio superbo dell’Appennino tosco emiliano. Abbiamo deciso di ambientare Prometeo incatenato al Sasso di San Zanobi perché questo è Caucaso, la Scizia eschilea, luogo alla fine del mondo, itinerario fuori dalle rotte consuete ma da riscoprire, a pochi chilometri da Firenze e Bologna. Fare teatro in luoghi simbolicamente importanti è una sfida al teatro stesso ma è anche esperienza e rivelazione perché quelle parole antiche messe in relazione con quei luoghi parlano nuovamente con la forza e la necessità con cui sono state scritte. E i luoghi tornano ad essere animati da presenze ed emozioni che un tempo transitavano lungo i crinali. Infatti il Sasso di San Zanobi è stato meta di pellegrini e fonte di leggende, per il suo singolare colore e la sua particolare conformazione. Prometeo sarà incatenato alla rupe nera, alla parete ofiolitica (dal greco: pietra di serpente, per il colore delle striature verdastre e violacee). Siamo immessi nella natura, in un teatro che è crosta oceanica in appennino e da cui si avranno per epifania le visitazioni eschilee, Oceano stesso, il coro delle sue figlie Oceanine, in un teatro che è eremo desertico e che diventa sito di una dialettica naturale tra gli elementi: l’uomo è protagonista, è al centro di una riflessione che non lo vede più al centro: è un contrasto, una tragedia.
Galleria foto
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