L’OSPITE INATTESO
Incubo di Fëdor Dostoevskij
scritto, diretto e interpretato da Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni
partitura sonora Patrizio Barontini
costumi les libellules Studio
tecnica e invenzioni Andrea Sangiovanni
foto di scena Franco Guardascione
produzione archiviozeta 2020
L’ospite inatteso fa parte dell’ampio progetto triennale Topografia Dostoevskij che si compone di alcune tappe invernali pensate per teatri da camera e altre estive per il Cimitero militare germanico Futa Pass. In questo caso si tratta di una drammaturgia originale ispirata all’opera di Fëdor Dostoevskij (1821-1881), in particolare ad alcuni frammenti del racconto Il sogno di un uomo ridicolo (1877) e ad alcune scene del romanzo I fratelli Karamazov (1879), soprattutto Parte Quarta, Libro XI, Il diavolo. Incubo di Ivan Fëdorovič.
Dostoevskij nel 1862 intraprese un lungo viaggio in Europa che sconvolse la sua anima e lo trasformò in un uomo del sottosuolo. Anche lo spettacolo è un viaggio verso il sottosuolo di un uomo ridicolo, un uomo in preda ad una terribile angoscia, un uomo attratto dalla forza della bassezza, un indifferente che, dalla Russia ortodossa, popolata di monaci e permeata di icone e riti, decide di partire per un’Europa che, con il suo Palazzo di Cristallo nella Londra dell’Esposizione universale, simbolo di un mondo brutale ridotto a immenso e seducente meccanismo tecnico, è già un cimitero e nient’altro.
Nel corso delle stazioni di questo pellegrinaggio fantastico quest’uomo, questo paradossista a cui non frega più niente, si scontrerà, come in un incubo, con il diavolo in persona in una camera d’affitto.
Lo spettacolo è un viaggio polifonico nell’universo Dostoevskij, alla ricerca dei pro e dei contra, delle domande ultime, inseguendo le voci-idee del passato, del presente e del futuro, come le definiva Michail Bachtin. Un viaggio fisico e filosofico che attraversa il vasto territorio della dualità, dell’esperienza divisa. Un campo di battaglia in cui bene e male sono in lotta tra loro in uno scontro in cui la ridicola coscienza degli esseri umani non è totalmente annullata dall’indifferenza e non può più rifugiarsi nel sottosuolo eludendo ogni responsabilità.
Dostoevskij nel 1862 intraprese un lungo viaggio in Europa che sconvolse la sua anima e lo trasformò in un uomo del sottosuolo. Anche lo spettacolo è un viaggio verso il sottosuolo di un uomo ridicolo, un uomo in preda ad una terribile angoscia, un uomo attratto dalla forza della bassezza, un indifferente che, dalla Russia ortodossa, popolata di monaci e permeata di icone e riti, decide di partire per un’Europa che, con il suo Palazzo di Cristallo nella Londra dell’Esposizione universale, simbolo di un mondo brutale ridotto a immenso e seducente meccanismo tecnico, è già un cimitero e nient’altro.
Nel corso delle stazioni di questo pellegrinaggio fantastico quest’uomo, questo paradossista a cui non frega più niente, si scontrerà, come in un incubo, con il diavolo in persona in una camera d’affitto.
Lo spettacolo è un viaggio polifonico nell’universo Dostoevskij, alla ricerca dei pro e dei contra, delle domande ultime, inseguendo le voci-idee del passato, del presente e del futuro, come le definiva Michail Bachtin. Un viaggio fisico e filosofico che attraversa il vasto territorio della dualità, dell’esperienza divisa. Un campo di battaglia in cui bene e male sono in lotta tra loro in uno scontro in cui la ridicola coscienza degli esseri umani non è totalmente annullata dall’indifferenza e non può più rifugiarsi nel sottosuolo eludendo ogni responsabilità.