LA NOTTE
di Elie Wiesel
regia di Gianluca Guidotti
traduzione Daniel Vogelmann – Editrice La Giuntina
direzione artistica e drammaturgia Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni
con Loriano della Rocca, Erjon Fejzaj, Enrica Sangiovanni, Stefano Scherini, Mariano Pirrello (edizione 2002 e 2003), Luciano Ardiccioni (edizione 2004), Angela Nugara (edizione 2002), Ludmila Ryba (edizione 2003), Federica Toci (edizione 2004)
realizzazione video: Francesco Lagi, Stefano Tognarelli, Gianluca Guidotti
musica Trio Shir-am 3, Claudio Monteverdi
libri in scena realizzati da Cecilia Ricci
produzione Archivio Zeta 2002 con Marc Fleishhacker e Fleishhacker Foundation, San Francisco Jewish Community, Endowment Fund, Alexander M. and June L. Maisin Foundation, Francis S. Goldsmith Fund, Intersection for the Arts
Notte, che nel profondo oscuro seno
Chiudesti e ne l’oblio fatto sì grande,
Degne d’un chiaro sol, degne d’un pieno
Teatro, opre sarìan sì memorande.
Piacciati ch’io ne ‘l tragga, e’n bel sereno
A le future età lo spieghi e mande.
Viva la fama loro; et tra lor gloria
Splenda del fosco tuo l’alta memoria.
Claudio Monteverdi – Giambattista Guarini
La Notte è un progetto teatrale ‘multimediale’, tratto da La Nuit di Elie Wiesel, considerata una delle testimonianze più importanti e sconvolgenti sulla Shoah, una delle riflessioni più profonde sull’esistenza di Dio. Elie Wiesel (premio Nobel per la pace 1986) ha autorizzato per la prima volta l’adattamento de La Notte, in cui testimonia la storia della deportazione e della morte ad Auschwitz della sua famiglia. Il prof. Elie Wiesel ha accettato di collaborare ad un video nel quale legge alcune parti del suo libro, ci ha concesso un’intervista e ha risposto a domande su temi contemporanei e sull’Olocausto. Elie Wiesel quindi legge durante lo spettacolo alcune delle parti più sconvolgenti della sua testimonianza. Il video è stato realizzato a Boston da Archivio Zeta il 25 ottobre 2001. Archivio Zeta ha prodotto anche un film documentario sul viaggio Buchenwald-Auschwitz-Birkenau-Sighet (7-14 dicembre 2001), e sui materiali girati a Boston il 25 ottobre 2001 con Elie Wiesel. Il film si intitola Viaggio nella notte.
In realtà la tesi di lavoro nasce proprio dal nostro incontro con Elie Wiesel, il 25 ottobre 2001, a Boston: “…Così cerchiamo di prendere un po’ di Silenzio, poche Parole e parliamo…”. Questa frase è l’incipit in video del nostro spettacolo teatrale. Che forse non può non deve e non ha proprio niente di spettacolare, non è uno spettacolo ma una ipotesi per dire la materia indicibile de La Notte, materia inspiegabile che gli attori tentano di esprimere e comunicare in astratto, concretamente.
Gli attori ‘leggono a memoria’, dicono le Parole del Silenzio di Elie Wiesel; come un’orchestra si fanno le prove, si tengono gli spartiti in mano, perseguendo un nostro canone monodico. In scena ci sono ‘i testimoni’, come per Samuel Beckett: sei attori agiscono nello spazio tragico bianco, nel Vuoto del campo-Ade e sono ombre rievocate da una memoria in questo Teatrino della Memoria; sei attori depongono in questo processo alla Storia, al buco nero del Novecento. Ci sono due donne: Coro femminile – Giovane operaia francese e Signora del treno; separate dal Coro maschile – Padre e Folle. In primo piano sono collocati Eliezer trentenne e il suo doppio bambino, come negli incubi-sogni del secondo bellissimo libro di Elie Wiesel ‘L’Alba’. In scena i due Eliezer sono proiezioni omologhe e parlano cercandosi negli occhi, rivivendosi.
Lo spazio è il foglio manoscritto, per noi, in yiddish, da Elie Wiesel stesso, della prima pagina di ‘E il mondo taceva’, la prima stesura de La Notte, tagliata dagli editori. Abbiamo chiesto a Elie Wiesel di riscrivere queste parole dimenticate, altrimenti perdute: “In principio fu la fede, puerile; e la fiducia, vana; e l’illusione, pericolosa. Credevamo in Dio, avevamo fiducia nell’uomo e vivevamo nell’illusione che, in ciascuno di noi, fosse deposta una scintilla sacra della fiamma della shekhinah, che ciascuno di noi portasse negli occhi e nell’anima un riflesso dell’immagine di Dio. Questa fu la fonte se non la causa di tutte la nostre disgrazie.”
In questo schizzo d’inchiostro, in quei tratti si cela Giobbe. E non ce ne libereremo più per tutto il testo, “…come capivo Giobbe…”.
Lo spazio diventa, subito dopo, pagina bianca, segreta, da indagare anch’essa, da attendere come i mille libri sparsi, libri gialli, rossi, viola, verdi, blu, rosa, neri, colori cardinali dei triangoli della morte: mille libri letti non-letti, tutti i libri del Novecento, quelli bruciati dai totalitarismi, quelli violentati nella sinagoga di Trieste o violati nella biblioteca di Sarajevo.
L’impegno concreto e le parole sui Balcani nel nostro ‘Incontro con Elie Wiesel’. Nuovamente genocidi.
Qui si innesta il ‘movimento’ sull’Esilio: la deportazione e tutte le successive tappe delle fughe di Elie. E quindi anche il viaggio sensibile di Erjon dall’Albania fin dentro questo lavoro, un viaggio in nave da solo, in cerca dei miracoli italiani; Erjon ha 15 anni e da poco è in Italia; lo sguardo e le parole di Eliezer-Erjon antiche e incerte, consapevoli e sagge, mature.
E poi ancora le panche, lo spazio riconquistato dell’agorà, della dialettica, dell’Oratorio civile e umano, ma anche etico e politico, lo spazio dove si racconta per non morire e si vuole e si deve essere ascoltati, lo spazio dove: la Memoria Corta si allunghi! In questa Italia Europa dove le Vergogne degli arditi, audaci, insolenti redivivi sono sempre e ancora in agguato; “…vi si sfaccia la casa…”! come ripete Primo Levi.
Pertanto, in nome della memoria attiva di Tzvetan Todorov, Elie Wiesel in persona è il nostro terzo occhio che legge con pudore se stesso, è il terzo se stesso che entra nel gioco delle Parole e del Silenzio del teatro, è il terzo reale vertice del triangolo delle agnizioni, e vigila dall’alto il gioco e detta i ritmi e gli accenti, le pause e il respiro, così come nello Zohar, Il Libro dello Splendore. E gli attori applicano il solfeggio: il silenzio, le parole, il vuoto, il gesto. Il silenzio è il vuoto del suono. Il vuoto è il silenzio dello spazio. E le immagini impresse sulla pagina bianca sono segni del presente, non materiali d’archivio: una topofobìa meditata dell’Europa. Ecco i nostri piani-sequenza per una Ricognizione: l’Inferno a Birkenau, la foresta prima di Weimar-Buchenwald, la ferrovia di Auschwitz-Oswiecim e i fili spinati delle odierne fabbriche polacche. 7-14 dicembre 2001 le date del nostro itinerario: Buchenwald-Auschwitz-Birkenau-Sighet, itinerario inverso a quello de La Notte, itinerario della Memoria ‘in tempi oscuri’ di Dimenticanza come direbbe Bertolt Brecht, itinerario interiore verso Sighetu-Marmatiei, ieri Ungheria oggi Romania al confine con l’Ucraina: terra dell’innocenza, della preghiera, terra di Moshè lo Shammàsh: lo Shammàsh, l’Aiutante, l’ottava candela, colei che accende le altre.
Il controcampo è negli occhi!
Sfogava con le stelle
Un’inferno d’amore
Sotto notturno ciel il suo dolore
Claudio Monteverdi – Ottavio Rinuccini