Gli ultimi giorni dell’umanità
Macerie e frammenti dalla muraglia di Karl Kraus
di Karl Kraus
Ho scritto una tragedia il cui eroe soccombente è l’umanità; il cui conflitto tragico, essendo quello tra mondo e natura, finisce con la morte. Ahimè, poiché non ha altro eroe che l’umanità, questo dramma non ha nemmeno altro ascoltatore!
Karl Kraus
drammaturgia e regia Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti
partitura sonora Patrizio Barontini
con Renata Carri, Antonia Guidotti, Elio Guidotti, Gianluca Guidotti, Ciro Masella, Giulia Piazza, Alfredo Puccetti, Andrea Sangiovanni, Enrica Sangiovanni
una Voce dall’alto è Luca Ronconi
in occasione del Centenario della Prima Guerra Mondiale
Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus è un’opera mastodontica, vortice di parole, settecentonovantadue pagine contro la guerra, tragedia concepita per un teatro di Marte. Proprio mentre la Prima Guerra Mondiale era in corso, ad un anno e un mese esatto dall’attentato di Sarajevo, Kraus scrisse di getto il Preludio e tutto il piano dell’opera.
Dal 2003 portiamo avanti un lavoro teatrale all’interno di un luogo mol- to particolare dell’appennino fra Toscana ed Emilia-Romagna: il Cimitero Militare Germanico del Passo della Futa. È un imponente monumento a cielo aperto, che ricorda il Cretto di Burri a Gibellina e che raccoglie circa 36.000 caduti tedeschi della seconda guerra mondiale morti sulla Linea Gotica e si estende sulla cima di una montagna a mille metri di altitudine con infinite lapidi a perdita d’occhio.
In questo luogo abbiamo messo in scena molte tragedie antiche e dopo l’Orestea di Eschilo, abbiamo deciso di affrontare questa tragedia dell’umanità, convinti di avere come scenografia e architettura proprio il teatro di Marte di cui parla Karl Kraus.
Abbiamo deciso di lavorare su Kraus in occasione del Centenario della Prima Guerra Mondiale perché sono diversi anni che siamo attratti da questo testo folle e geniale, una sorta di muraglia cinese come la definì Elias Canetti. Gli ultimi giorni dell’umanità non sono ancora arrivati e dopo la prima e la seconda guerra mondiale, dopo Hiroshima e tutto il Novecento è sorta una nuova età, che Kraus profetizza attraverso l’acuta analisi e osservazione del suo mondo, una nuova età che ripete i meccanismi della violenza e del massacro. Kraus ha scritto quanto di più preciso sul Nazismo sia apparso in lingua tedesca prima ancora che il Nazismo si affermasse, ha recitato tutte le parti della sua Tragedia sui palcoscenici di Vienna: da solo, a pieni polmoni, sulla scena vuota, davanti ad un tavolino, ha anticipato l’oratoria e la retorica totalitaria di Hitler, ha imitato le voci ossessive fino a diventare la voce che cattura tutte le voci. Questo viennese, così scontroso e solitario, polemico e anarcoide è riuscito a fare qualcosa di più di una radiografia di un’epoca e di un mondo, è stato in grado di mettere in scena la fine dell’umanità, l’Apocalisse di ciò che di umano c’è nell’uomo.
Abbiamo individuato una vena drammaturgica che ha una stretta relazione spaziale con i luoghi dove abbiamo deciso di ambientare le scene: ci sono visioni, maschere grottesche, pezzi tratti da Die Fackel (La Fiaccola, il giornale fondato nel 1899 da Karl Kraus, un fascicolo dalla copertina rossa su cui scriveva soltanto lui) e inoltre articoli inediti che abbiamo tradotto. Si passa dalla dialettica filosofica Criticone/Ottimista al tono apocalittico del finale, dove c’è una specie di incontro ravvicinato del terzo tipo e poi un attore/megafono che manda en plein air il suono della voce di Kraus stesso che recita e canta…
Luca Ronconi mise in scena questo testo nel 1990 e questo titolo porta inevitabilmente con sé l’idea di quello storico e magnifico allestimento al Lingotto di Torino. Noi vorremmo farne una cosa completamente diversa. Se per Luca Ronconi infatti il teatro di Marte era il tentativo di fare un colossale spettacolo ultraterreno, una rappresentazione che cercava di ricostruire l’atmosfera e l’ambiente della Vienna dell’inizio del secolo, per noi il teatro di Marte sarà indissolubilmente legato al Cimitero del Passo della Futa, che è uno dei sacrari più grandi d’Europa: sarà il tentativo di scavare archeologicamente negli archivi recuperando gli articoli originali, le incisioni delle voci, le fotografie dell’esecuzione di Cesare Battisti e mettere in relazione queste parole/macerie con il coro di morti, ineludibile silenziosa presenza all’interno dello spettacolo.
Dedichiamo questo lavoro alla memoria di Luca Ronconi, che ha accettato di far parte dello spettacolo e, nel maggio del 2014 presso la Scuola del Piccolo Teatro di Milano, ha registrato per noi la parte della Voce dall’Alto, in palese riferimento e omaggio al suo lavoro su Kraus e come ironico ideale e divino legame tra due allestimenti diversi.
Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti
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