Sul passo della Futa l’Orestea di ArchivioZeta
Renzo Francabandera | 14/02/2014 | Hystrio
Sul passo della Futa l’Orestea di ArchivioZeta
ORESTEA, di Eschilo. Regia di Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni. Partitura sonora di Patrizio Barontini. Con Enrica Sangiovanni, Gianluca Guidotti, Marianna Cammelli, Luigia Savoia, Giulia Piazza, Rosanna Marcato, Giovanna Villa, Alfredo Puccetti, Luciano Ardiccioni, Gianni Piazza. Prod ArchivioZeta, FIRENZUOLA (Fi).
A dieci anni dal Progetto Linea Gotica sulla Memoria del passaggio del fronte e della guerra civile di liberazione, la Compagnia ArchivioZeta rafforza un ruolo di particolarissima attività, nell’incavo non agevole fra classico e contemporaneo, con una Orestea’m un adattamento simbolico e complesso, portato in scena con un gruppo di non professionisti del territorio, nel cimitero militare germanico del Passo della Futa. Chi pratica il teatro ha ben presente quanto operazioni della specie si risolvano non di rado in forzature barocche e tentazioni megalomani.
La forza di questo allestimento, nell’adattamento spaziale della Futa, risiede innanzitutto nella pulizia dei gesti e nel ritmo della parola, nella capacità di indagare profondamente il testo e renderlo percorribile anche per i non professionisti coinvolti nell’azione scenica, e nell’essere quasi del tutto privo di supporti tecnologici se non per alcuni minuscoli ripetitori sonori. Si segnala anche un particolare approfondimento sull’attualità politica del tema del giudizio, che, senza mai scadere nel banale, affronta la complessità del momento valutativo collettivo e la responsabilità connessa alla presa di coscienza.
Da ultimo non può tacersi la notevole partitura sonora realizzata da Patrizio Barontini e affidata alle percussioni di Luca Ciriegi e Duccio Bonciani. Il contrappunto testualità-sonorità, unito alle innegabili suggestioni architettonioo-spaziali, fa di questa lettura dell’Oestea (non rivoluzionaria, ma rigorosa e compatta) un prodotto artistico valido che, pur non esente da qualche fascinazione un po’ d’antan sul rapporto corpo-parola, riesce a costruire autorevolezza nel rapporto con lo spettatore, portandolo attraverso la trilogia, a prender parte a una dimensione viva del teatro.
Renzo Francabandera