Se le parole diventano pallottole sulle cime del nostro appennino
08/08/2024
Corriere Fiorentino
Giulia Gonfiantini
La montagna incantata – GENERALE
Cimitero germanico Nell’ossario tedesco del passo della Futa la terza puntata de «La moniagna incantata» da Thomas Mann. Di Archiviozeta
Da oltre vent’anni la compagnia bolognese Archiviozeta realizza spettacoli al Cimitero militare germanico della Futa, nell’Appennino tostoemiliano, nel più grande sacrario tedesco della seconda guerra mondiale in Italia. Da tre si dedica a un progetto su La montagna incantata che culmina quest’anno, nel centenario della pubblicazione, con la messa in scena della terza e ultima parte (fruibile senza aver visto le precedenti, prenotazione obbligatoria) ogni giorno alle 18 fino al i8 agosto, alle i8. Sabato e domenica c’è l’occasione di due visite guidate al luogo a cura della storica Elena Pirazzoli prima della recita. «Nella parte finale del romanzo, a cui siamo rimasti fedeli pur facendo un lavoro di ritaglio e drammaturgia, ziamo con la grande irritazione che pervade il sanatorio, come se fosse un piccolio laboratorio del mondo. E lo stesso nervosismo che percepiamo nella contemporaneità, con il ricorrere velocemente alle armi senza aver riflettuto sulle conseguenze», dice Enrica Sangiovanni, fondatrice della compagnia con Gianluca Guidotti. Nello spettacolo itinerante le scene «cominciano in modo leggero, ma ci si accorge andando avanti che non c’è niente da ridere, e la violenza è alle porte», prosegue. Accoglie il pubblico il personaggio di Thomas Mann, che riassume le tappe precedenti: nel 2022 si risaliva la collina alla volta della clinica internazionale Berghof con il giovane Hans Castorp (Giacomo Tamburini), che vi resta intrappolato nel tempo sospeso della malattia mentre fuori soffiano i venti del primo conflitto mondiale. Stavolta l’azione prende il via dal punto più alto. «Lo scivolare di Castorp verso l’arruolamento e la trincea è la lama netta che pervade lo spettacolo», dove si scende, di scena in scena, fino al finale corale sotto le luci del tramonto. In mezzo, cresce la litigiosità e una disputa tra personaggi chiave, il gesuita Naphta (Giuseppe Losacco) e l’umanista Settembrini (Guidotti) sfocia in duello. «Abbiamo lavorato sulle parole che sfuggono al controllo all’interno del sanatorio e si trasformano in pallottole, che da una questione privata fra due intellettuali diventano poi mondiali», spiega Guidotti.
Un passaggio centrale e corposo nel testo restituito in modo teatrale: «Rispetto alle prime due parti dello spettacolo, qui privilegiamo esplosioni verbali e fisiche, che portano a un finale lirico», aggiunge. Sul palco con i fondatori (e autori dì drammaturgia e regia) Diana Dardi, Antonia Guidotti, Pouria Jashn Tirgan, Andrea Maffetti, il violoncello di Francesco Canfailla, la tecnica di Andrea Sangiovannì, la parte musicale a cura di Patrizio Barontini e quella coreografica di Carolina Giudice. Gli attori indossano maschere che coprono aree diverse dei loro visi, ispirate a quelle che la scultrice Anna Colernan creava per i reduci sfigurati della Grande guerra dopo averne studiato il volto.
Info e prenotazioni www.archiviozeta.eu
Giulia Gonfiantini
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