La Trilogia del Disorientamento
Nell’estate del 1999 iniziammo a provare Gli Uccelli di Aristofane. Quello che ci interessava del capolavoro greco era l’urgenza drammaturgica e la contemporaneità dei temi che quel materiale ci offriva. In questo nostro primo spettacolo, andato in scena in prima nazionale al Festival di Chieri (To), allora diretto da Mauro Avogadro, il lavoro quotidiano delle prove, che si è svolto con rigore e umiltà, ha permesso al gruppo di ricercare una grammatica propria e di individuare le priorità: la leggerezza e il disorientamento.
La scelta successiva di mettere in scena Anfitrione di Plauto è stata una conseguenza naturale per approfondire un’idea e una pratica di teatro: conseguenza dettata dal fatto che nella tragi-commedia plautina il disorientamento attraversa l’intero meccanismo drammaturgico e la leggerezza si impone come mezzo ideale di rappresentazione.
Come punto conclusivo del viaggio intrapreso, realizzato, sempre con lo stesso gruppo di attori, Il Ciclope di Euripide, l’unico dramma satiresco giunto fino a noi. Il significato di questa terza tappa è strettamente legato alle precedenti perché il racconto universale dell’accecamento del Ciclope esemplifica e nello stesso tempo amplifica i temi precedentemente affrontati: se ne Gli Uccelli il disorientamento politico e civile conduceva alla manìa e in Anfitrione il gioco dei doppi all’ossessione dell’Io, in questo gran finale, come in una tragica catarsi, il gesto di Ulisse ci porta al cuore stesso dell’archetipo.