Macbeth, per palco le tombe dei vinti
Diego Vincenti | 18/08/2016 | Il Giorno
Un lupo si muove fra le tombe. Non si scherza sugli Appennini. Perfino Macbeth deve stare a all’occhio, perso nella sua carneficina di urla e furore, di demoni e allucinazioni. Quando avanzerà verso di lui il grande bosco di Birnàm? Questioni di attimi, le Streghe non sbagliano. È proprio il tempo che guida per mano il primo Shakespeare di Archivio Zeta. I personaggi girano su se stessi, come ti ingranaggi di un orologio invisibile. Al centro lui: l’uomo. E le sue potenzialità (il)limitate, sprecate in una deriva etica ed esistenziale che qui pare a amplificarsi di senso, nel Cimitero Militare germanico del passo della futa.
Dodici ettari di lapidi e prati, di prospettive verticali e scalinate. Trentamila morti tedeschi, età media 19 anni: nel 1944 la Germania iniziava allora a non avere più uomini, rimanevano solo ragazzini. La mente corre a “Le benevole” di Littell. A Marzabotto. Alla stessa Firenzuola, sulla linea gotica, rasa al suolo dagli Alleati. La popolazione fu avvertita e osservò dai monti la distruzione delle proprie case. Un incubo. Ma bomba non bomba, appena liberi si è costruita una pista da ballo con il legno delle casse delle munizioni. Finalmente servivano qualcosa.
È un simbolo di pace il cimitero germanico. O almeno prova ad esserlo. Grazie anche a Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni. Sono loro Archivio Zeta e da 13 anni fanno vivere qui il loro teatro. A fine millennio hanno scelto di fuggire da Milano. Non sono più tornati. Seguendoli nel loro peregrinare shakespeariano si può comprendere il buio innamoramento per questo luogo, enclave tedesca in Italia, curato come campo da golf. Per il loro Macbeth essere e tempo si sono fatti affiancare da Stefano Braschi, Francesco Fedele, Carolina Giudice, Ciro Masella, Giuditta Mengucci, Alfredo Puccetti, oltre ai figli Elio e Antonia. Il lupo che si muove fra le tombe si chiama Oscar, me meglio non accarezzarlo. Un lavoro culturale che si confronta quotidianamente con la memoria, la storia, il territorio. E che in questo caso viene coprodotto da Elsinor, in un cortocircuito fra Milano e gli Appennini (La Sala Fontana ospiterà lo spettacolo il prossimo aprile).
Ma c’è tempo fino a domani alle 18 per vederlo a Firenzuola, a due passi da Roncobilaccio. Paradiso per moto ed escursionisti, su queste curve passa la Mille Miglia, ogni tanto il Giro. Si può perfino dormire dove Dino Campana incontrava Sibilla Aleramo. Prima di incamminarsi verso quel Macbeth scarno come certo cinema pasoliniano, eppure enfatico, antinaturalista, declamato a vincere i venti e la natura. Si concede il lusso di citare Beuys ma rimane saldo nella sua semplicità, leggibile, senza eccessi. Mentre l’eco rimbalza le battute fra le colline.