La tragedia greca al Cimitero Militare Germanico del Passo della Futa
Federica Fiumelli | 11/08/2018 | Wall Street International
Antigone non è mai morta.
Antigone è la resistenza, oltre il tempo.
Antigone vive nei cuori di chi non può rimanere indifferente.
Antigone vibra, si indegna, e lotta per quello in cui crede.
Antigone è l’amore incondizionato.
Antigone è città ancora prima di essere cittadina.
Antigone non tace.
Antigone è in origine la tragedia di Sofocle rappresentata per la prima volta ad Atene intorno al 442 a.C. – una storia universale che ancora ci pone dinanzi la questione di forze contrapposte quali il potere e la giustizia. Creonte, stolto e avidamente cieco simboleggia l’autorità per antonomasia scevra di morale; come contralto Antigone – ribelle e fedele al prossimo – capace di perdere la vita ingiustamente pur di dare degna sepoltura al fratello – sangue del suo sangue. Un’eroina estremamente contemporanea – affascinante – coraggiosa – impavida – magistralmente forte – una donna che restituisce al peso dei gesti grazia, bellezza e autentico potere.
Antigone – nacht und nebel – viene proposto al Cimitero Militare Germanico sul passo della Futa dalla compagnia teatrale Archivio Zeta, la quale compie il quindicesimo anno di collaborazione con questo splendido e duro contesto. L’architettura del cimitero affonda come una lama scavando e innalza soave la forza della drammaturgia di Archivio Zeta – che sceglie ogni volta con cura le parole da non dire. Sì. Perché è molto più facile togliere che aggiungere, e questo la compagnia lo sa molto bene.
Archivio Zeta elegge la parola assieme a una partitura sonora e ad elementi scenografici che fanno dello spettacolo un’opera d’arte totale – wagneriana – dove la parte per il tutto funge da eco – da risonanza a una trama antica e originaria come la nostra pelle. La potenza del simbolo è per Archivio Zeta, corpo vivo e tellurico. Archivio Zeta ci cuce addosso con raffinata audacia la tragedia restituendone un’immagine complessa riadattata all’oggi. È impossibile non sentirsi coinvolti, non sentirsi parte di questa storia ancora da scrivere.
Antigone – interpretata magistralmente da Enrica Sangiovanni – a un certo punto della tragedia si pone simbolicamente all’interno di un cerchio bianco e invita gli spettatori a prendere parte di una coscienza – di un corpo morto – di un fratello – che sia suo – mio o tuo non importa. Il sangue genera sangue, e allo stesso modo il sangue appartiene al sangue. Abituati a condividere “digitalmente” tutto – Antigone – ci invita a condividere il dolore – silenzio e stole di stoffa nera.
E ancora, Antigone intrappolata da corde al cospetto di un esaltato e convinto (e convincente Gianluca Guidotti) grida con poesia e ferocia: “Non sono nata per condividere odio, ma amore.” Ritorna l’elemento della condivisione, reale, concreta, compiuta da un rito collettivo, da una pratica che deve tornare sempre più forte per smuovere le coscienze, come il teatro.
Antigone non è morta. Nonostante una voce sempre più lontana abbandoni la cella e un drappo insanguinato si innalzi nel cielo. Antigone regala delle possibilità – come al tramonto, finire con un canto nostalgico e rock di un Tiresia accompagnato da un giovane. Ma Antigone comincia proprio lì, da una conclusione amara, tra i solchi di un vinile di Charles Trenet, i profili di più di 30.000 soldati – gli orrori della storia riflettono in un oggi spietato e ugualmente dimenticato nell’indifferenza della gente – della politica – le stragi del Mediterraneo – le storie spezzate di migliaia di migranti – di fratelli che non riconosciamo.
E fa eco, sul finire, il sottotitolo di questa nuova Antigone – nacht und nebel – come il Decreto Notte e Nebbia che Adolf Hitler emanò il 7 dicembre del 1941 – un eufemismo che trasse dall’opera L’oro del Reno di Richard Wagner – dove il personaggio di Alberich, indossato l’elmo magico, si trasformava in colonna di fumo e spariva cantando “Nacht und Nebel, niemand gleich” – “Notte e Nebbia, (non c’è) più nessuno.” È così che l’oppressione verso gli oppositori veniva effettuata nella Germania Nazista – i ribelli venivano fatti scomparire “nella notte e nella nebbia” – facendoli indossare un’uniforme con la sigla N.N.
Ma Antigone non ci sta. Antigone, alla stregua di una fenice, ha la forza di far generare dalle sue ceneri il coraggio di un esempio per tutti quelli che vorranno far luce sul diritto alla disobbedienza. Andate a conoscere la storia di Antigone e diffondetela, infondetela, come la luce di un tramonto e poi dell’alba ogni giorno, sulle cime, sui crinali. In alto, lassù dove la bellezza del gesto e la potenza della parola risplendono con autentica coscienza.