La bellezza della rivolta di Antigone, contro il nazismo e le dittature
Sara Capolungo | 09/08/2018 | LEFT
Cosa significa oggi la celebre affermazione della filosofa Hannah Arendt «nessuno ha il diritto di obbedire»? Oltre al diritto alla disobbedienza esiste anche il dovere di disobbedire, se la legge diventa ingiusta? E ancora: cadaveri, sepolture negate, memoria, rifiuto di accettare leggi inique o di eseguire ordini arbitrari. Sono i temi e le parole, drammaticamente contingenti, sulle quali siamo invitati ad interrogarci al Cimitero militare germanico della Futa, a quasi mille metri d’altezza, nell’Appennino tosco-emiliano.
La prima ribelle nella storia della letteratura è Antigone che osa seppellire il cadavere del fratello nonostante il divieto imposto dal tiranno Creonte. Sa che il suo destino è segnato, ma questo non le impedisce di fare quello che ritiene giusto. Anzi, doveroso.
Il pensiero di Arendt e le parole di Antigone tornano in vita nel silenzio del Cimitero militare della Futa, sugli Appennini tosco-romagnoli nel comune di Fiorenzuola, grazie al lavoro instancabile su memoria e resistenza della compagnia teatrale Archivio zeta che da quindici anni mette in scena importanti rivisitazioni dei drammi greci, in questo luogo di raccoglimento, tempio alla memoria degli sconfitti, dove l’umana pietas riesce a elevarsi sull’hybris di chi si riteneva invincibile perché dalla parte della legge.
Lo spettacolo, in programma fino al 19 agosto, si svolge al tramonto tra le sepolture dei soldati tedeschi, creando un gioco di echi storici e umani preziosi, soprattutto se il testo è quello potente di Antigone. Ma non è quella sofoclea a prendere vita, bensì Antigone/ Nacht und nebel, dove i termini “notte” e “nebbia” si riferiscono ai prigionieri politici della Germania nazista, come stabilito dal “Decreto Notte e nebbia” emanato da Adolf Hitler nel dicembre del 1941. Un terribile eufemismo che il dittatore trasse dall’opera L’oro del Reno di Richard Wagner dove il personaggio di Alberich, indossato l’elmo magico, si trasforma in colonna di fumo e sparisce cantando Nacht und nebel, niemand gleich, “Notte e nebbia, (non c’è) più nessuno”.
«Gli oppositori dovevano essere fermati e fatti scomparire “nella notte e nella nebbia”, diceva testualmente Hitler. Su applicazione del decreto, tutte le persone rappresentanti un pericolo per la sicurezza, sabotatori e resistenti, furono deportate e sparirono nel segreto assoluto, costretti ad indossare un’uniforme con la sigla N.N., Nacht und nebel appunto. Partendo da queste terribili fantasticherie wagneriane avvertiamo l’urgenza di riconoscere ad Antigone lo status di prigioniero politico che viene fatto annegare da Creonte, come un N.N.. Antigone è invece una donna che dimostra che si cade e si cadrà sempre lottando, testimoniando la bellezza irrinunciabile della rivolta che si afferma attraverso la grazia del gesto e il peso delle parole», spiegano i due attori Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti di Archivio zeta.
D’altra parte la forza contestatrice di Antigone è talmente dirompente da diventare un topos letterario, sul quale si sono cimentati autori come Jean Anouil e Bertold Brecht. Se il drammaturgo francese ambienta la sua Antigone durante la Repubblica francese di Vichy, Brecht presenta un Creonte tiranno, definito dalle sua guardie “duce”, nel duplice significato, etimologico, di “condottiero” e in quello più ampio di “dittatore”.
Ma esiste un diritto alla disobbedienza? Il dilemma non è solo di carattere etico o filosofico, ma sconfina inevitabilmente nel campo del diritto. La Costituzione francese del 1946 riconosce il diritto alla resistenza “qualora il governo violi la libertà e i diritti garantiti dalla Costituzione” definendolo non solo “il più sacro dei diritti” ma anche “il più imperioso dei doveri”. All’enunciato francese si ispira, durante i lavori della Costituente, Giuseppe Dossetti che chiede di introdurre nella Carta italiana eguale previsione nel costituzionalizzare la “resistenza all’oppressione” quale “diritto e dovere del cittadino”. La proposta non fu accolta, ma come sostenuto da molti autorevoli costituzionalisti, il diritto di resistenza è implicitamente legittimato trovando la propria fonte di riconoscimento nel principio di “sovranità popolare” stabilito dall’articolo 1 della nostra Carta. Secondo i costituzionalisti è inoltre possibile, e legittima, la resistenza individuale di fronte al provvedimento o al comportamento arbitrario della autorità.
Questo è anche il senso profondo dell’affermazione della autrice de La banalità del male e de Le origini del totalitarismo: nessuno ha il diritto di obbedire se l’ordine è ingiusto e arbitrario, in quanto l’ordine ricevuto, in quel caso, non rappresenta una giustificazione o una scusante per chi lo esegue. Arendt anzi, rifacendosi a Kant, fa notare che il diritto nasce sempre da un atto autonomo e non dall’obbedienza a un ordine esterno.
Le donne, gli uomini e i bambini che tentano di arrivare in Europa su navi fatiscenti, o cercano di attraversare i confini sotto le coltri innevate delle Alpi, i braccianti che muoiono sulle strade dentro furgoni infuocati sono tanti fratelli di Antigone che aspettano e sperano nella nostra umana, inscalfibile, durissima presa di posizione. Dirompente e inalterabile.