ANTIGONE / nacht und nebel
A Villa Aldini - Bologna
Lo stato farmacopornografico si è comportato come un Creonte neoliberista, che c’impedisce di seppellire i nostri morti perché sarebbero diventati dannosi per una comunità che sogna di essere immunizzata. Noi, i figli bastardi di Antigone, esigiamo cure e celebrazione dei corpi dei nostri amati ammalati di covid, sia vivi sia morti.
Paul B. Preciado
Libération/Internazionale
20 giugno 2020
drammaturgia e regia Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni
con Gianluca Guidotti, Enrica Sangiovanni, Antonia e Elio Guidotti, Alfredo Puccetti, Andrea Sangiovanni, Alessandro Vuozzo
partitura sonora Patrizio Barontini
elementi scenografici Francesco Fedele
tecnica e invenzioni Andrea Sangiovanni
sartoria les libellules
conflagrazioni poetiche Angela Tognolini, Paul B. Preciado, Pier Paolo Pasolini, Germaine Tillon
voci del Coro Alessandro Barontini, Antonia e Elio Guidotti
assistenza Giulia Piazza
foto di scena Franco Guardascione
ufficio stampa Sabrina Camonchia
produzione Archivio Zeta 2020
lo spettacolo Antigone / nacht und nebel è inserito nel cartellone di eventi di Bologna Estate
con il contributo di
Ça c’est superbe!
Così pare abbia esclamato Napoleone in visita a Bologna nel 1805 ammirando il panorama da questo colle.
E fu così che Antonio Aldini, segretario di stato del Regno d’Italia, tra il 1811 e il 1816 fece costruire questo grande edificio in stile neoclassico.
Benvenuti in Villa dunque, in questa Villa che Stendhal, passando da Bologna nel 1816 definì una fabbrica che s’innalza sopra la collina con frontone e colonne, a guisa di tempio antico.
Benvenuti a Villa Aldini a Bologna perché siamo stati cacciati senza giusta causa dal nostro Teatro di Marte par excellence.
Un grazie speciale va al Comune di Bologna, all’Assessore e all’Ufficio Cultura che ci hanno fin da subito espresso solidarietà, ci hanno sostenuto e accolto nel calendario di Bologna Estate. Ringraziamo anche la Regione Emilia-Romagna che ha cercato con noi una soluzione per questa strana estate. E infine un grazie ai tantissimi cittadini e ai tanti amministratori locali che ci hanno scritto, consigliato, suggerito luoghi dove proseguire il nostro lavoro. Grazie a tutti!
Abbiamo deciso di rifugiarci in questa Villa, come i dieci ragazzi novellatori del Decameron, per scampare al contagio della peste del 1348. Come loro abiteremo questo tempio per circa due settimane.
Dal 1 al 16 agosto. Le nostre repliche iniziano in prossimità del 2 agosto nel giorno del 40° anniversario della strage impunita di Bologna, strage di morti insepolti perché senza giustizia, per colpa di uno stato ancora oggi contaminato dalla peste di segreti e depistaggi e andremo avanti fino al 16 agosto quando, all’alba, come Antigone, ci recheremo in processione al Cimitero di Borgo Panigale per l’ultima replica speciale che si intitolerà Requiem Antigone e che sarà un rito culturale catartico per dare simbolicamente sepoltura ai morti di Coronavirus che i camion dell’Esercito Italiano hanno portato da Bergamo fino al Crematorio di Borgo Panigale nel marzo di quest’anno.
Vi invitiamo in questa Villa perchè è stata anche il set degli esterni dell’ultimo tragico film di Pier Paolo Pasolini, Salò o le 120 giornate di Sodoma.
Nella primavera del 1975, pochi mesi prima di essere ucciso, Pasolini è qui, davanti a questo frontone e trasforma la Villa nell’esatto opposto della Villa del Decameron: la Villa non è più luogo di salvezza e ri-creazione ma diventa il cupo luogo della violenza e della perversione sessuale, una pornotopia della reclusione. Siamo nella Repubblica Sociale e i Signori del Potere si affacciano da questo balcone, come Creonte, come Napoleone, per annunciare ad una orrenda Nuova Preistoria la distruzione dell’umano.
Amici, vi convochiamo qui, in questo tempo sospeso, in questa villa crocevia di rifugiati, migranti, richiedenti asilo, per raccontarvi ancora una volta la storia di Antigone.
Antigone continua a essere tragico mare interiore, mare nostro rosso sangue, dove non riusciamo più a dare sepoltura mentre la peste contamina la terra ferma.
Nacht und Nebel – come Nuit et brouillard di Alain Resnais, documentario sui lager, con le parole di Jean Cayrol – come il decreto Notte e Nebbia, che Adolf Hitler emanò il 7 dicembre 1941, un beffardo eufemismo che trasse dall’opera L’oro del Reno di Richard Wagner dove il personaggio di Alberich, indossato l’elmo magico, si trasformava in colonna di fumo e spariva cantando “Nacht und Nebel, niemand gleich”, “Notte e Nebbia, (non c’è) più nessuno”. Gli oppositori al regime dovevano essere fermati e fatti scomparire “nella notte e nella nebbia”, diceva testualmente Hitler. Su applicazione del decreto, tutte le persone rappresentanti un pericolo per la sicurezza, sabotatori e resistenti, vennero deportate e sparirono nel segreto assoluto, costretti a indossare un’uniforme con la sigla N.N. (Nacht und Nebel). Modus operandi che fece scuola anche in America Latina.
Antigone è prigioniero politico che viene fatto sparire, annegare da Creonte, come N.N., nella notte e nella nebbia della storia ma N.N. è oggi anche Nomen Nescio, che in latino significa Non conosco il nome: non conosciamo il nome dei morti in mare non identificati, le non-persone sul fondo del Mediterraneo così come abbiamo abbandonato di fronte alla morte i malati di Covid.
Infine vorremmo dedicare la nostra attuale Antigone, con tutta umiltà, ad un’altra Antigone che, a causa del Coronavirus, non ha potuto ancora debuttare, quella del regista Milo Rau, Antigone in the Amazonas, che avrebbe dovuto inaugurare a maggio il Wiener Festwöchen al Burgtheater di Vienna. L’attrice Kay Sara che avrebbe dovuto interpretare il ruolo di Antigone è nata nello stato brasiliano dell’Amazzonia ed è attivamente impegnata per dare voce alle popolazioni indigene e proteggere il loro ecosistema. Nel lungo discorso inaugurale per il festival che si intitola Questa follia deve finire e che vi consigliamo di leggere integralmente, lo potete trovare in rete, Kay Sara dice:
Avremmo portato in scena questa nuova Antigone in una strada occupata attraverso l’Amazzonia – quelle stesse foreste bruciano senza sosta. Non sarebbe stato uno spettacolo, sarebbe stata un’azione. Non un atto artistico ma un atto di resistenza: contro il potere dello stato che sta distruggendo l’Amazzonia. (…) Questa follia deve finire. Smettetela di essere Creonte. E’ tempo di essere Antigone. Perché quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere. Resistiamo assieme, siamo umani. Ognuno secondo la sua visione e nel suo luogo, uniti dalle nostre differenze e dall’amore per la vita che ci unisce tutti.
glg/es
“Ça c’est superbe!”, così avrebbe esclamato Napoleone durante una cavalcata sui colli bolognesi nel giugno del 1805, arrivando sulla cima del monte dell’Osservanza, che ospitava allora un convento benedettino. Qualche anno dopo, nel 1811, Antonio Aldini, consigliere di Napoleone e Segretario di Stato del Regno d’Italia, dette inizio ai lavori della villa, su progetto di Giuseppe Nadi e Giovanni Battista Martinetti: una reggia bolognese per Napoleone, da dove poter godere della migliore vista sulla città. Per costruirla si dovette abbattere il complesso preesistente; solo la Rotonda della Madonna del Monte, risalente alla seconda metà del XII secolo, venne inglobata nel nuovo edificio e trasformata in sala da musica o da déjeuner.
Nel 1816, dopo la sconfitta di Napoleone e conseguentemente anche di Aldini, i lavori della villa vennero interrotti. Del corredo decorativo previsto era stata completata solo la facciata neoclassica, sormontata da un timpano scolpito a bassorilievo con le divinità dell’Olimpo, opera di Giacomo De Maria.
Nel corso dell’Ottocento l’edificio subì vari passaggi di proprietà e ospitò varie funzioni: tra il 1848 e il 1859 venne utilizzato come ospedale dagli austriaci, quindi come magazzino e infine chiuso. Ceduto al Comune nel 1888, nel 1935 divenne Monumento alla Vittoria della Grande guerra e fu affiancato da una casa di riposo per i familiari dei caduti. Doveva trovarvi spazio anche il Museo del Risorgimento, ma questo non avvenne. Nel 1938 una campagna di restauri permise il recupero della Rotonda, scoprendo, dietro una carta da parati, un ciclo di affreschi medioevali raffiguranti gli apostoli.
La “Casa di riposo per congiunti dei caduti e dispersi in guerra” mantenne le sue funzioni fino alla fine degli anni Settanta, gestita dall’Associazione Nazionale Famiglie Caduti in Guerra; successivamente passò in gestione all’Istituto Giovanni XXIII, la cui casa di riposo continuò, in modo preferenziale, ad accogliere familiari dei caduti e dispersi in guerra. La villa, invece, nel 1980 diventa la sede del GVC – Gruppo Volontariato Civile, ONG bolognese nata nel 1971 e attiva ora in 26 paesi.
Nel 2011, durante l’emergenza umanitaria per il Nordafrica, viene utilizzato per l’accoglienza anche l’edificio della casa di riposo, con la gestione della Protezione civile regionale. Dal febbraio 2014 la struttura ospita richiedenti asilo: migranti uomini recuperati nel Mediterraneo con l’operazione Mare Nostrum e ora in attesa di conoscere l’esito della domanda di protezione internazionale.
Nel 1975 Pier Paolo Pasolini sceglie l’esterno del complesso di Villa Aldini e il suo parco per alcune scene di Salò o le 120 giornate di Sodoma, il suo ultimo film. Dopo un riferimento a Marzabotto – con l’episodio della fuga e uccisione di un ragazzo nei pressi del ponte sul Setta – l’arrivo del convoglio alla “Villa dei Signori” avviene davanti all’edificio della casa di riposo, le cui forme razionaliste rimandano immediatamente al fascismo, mentre la lettura del “regolamento” viene data dal pronao neoclassico.
Elena Pirazzoli
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