Nemico del Popolo
di Henrik Ibsen
En folkefiend/Un Nemico del popolo è stato scritto nel 1882 e tra i capolavori scritti da Henrik Ibsen ci ha sconvolto per la sua tragica e lucida analisi del rapporto tra etica e ambiente.
Drammaturgia e regia Enrica Sangiovanni e Gianluca Guidotti
con Enrica Sangiovanni, Gianluca Guidotti, Alfredo Puccetti, Luciano Ardiccioni
musiche Patrizio Barontini e Giovanni Battista Pergolesi
sartoria Made in Tina
Mio padre voleva insegnarmi a leggere a voce alta, e aveva ideato un sistema di scrittura musicale per segnare i punti in cui ci si ferma, e i punti in cui la voce si alza e ricade. Ibsen mi ha insegnato molto sull’indipendenza totale dell’uomo, ad esempio in Nemico del popolo, in cui il protagonista è il solo ad accorgersi che la città è inquinata.
Marguerite Yourcenar – Ad occhi aperti
Per la prima volta affrontiamo un dramma di Henrik Ibsen (Skien 1828 – Oslo 1906).
En folkefiend/Un Nemico del popolo è stato scritto nel 1882 e tra i capolavori scritti da Henrik Ibsen ci ha sconvolto per la sua tragica e lucida analisi del rapporto tra etica e ambiente.
E’ la storia di un medico che scopre, dopo una accurata perizia, che le terme pubbliche, risorsa economica della città sia dal punto di vista occupazionale che turistico, sono appestate, così come tutto il territorio circostante, da sostanze inquinanti, scarichi delle industrie.
A partire da questa scoperta si mette in moto un meccanismo drammaturgico febbrile: subito il medico vuole denunciare il disastro ambientale e cercare di porre rimedio a questo problema.
Ma da una parte suo fratello, sindaco della città e rappresentante dei potenti azionisti di maggioranza delle terme, e dall’altra i giornalisti del quotidiano locale, si scontrano dialetticamente.
Abbiamo operato un vero e proprio restauro del testo, eliminando del tutto l’apparato ottocentesco e ci siamo concentrati drammaturgicamente sui conflitti sociali, etici e politici. Uno dei nodi del testo sono le parti relative alla descrizione delle analisi chimiche e delle patologie legate agli inquinanti, scritte nel linguaggio medico scientifico tardo-ottocentesco, che abbiamo chirurgicamente sostituito con il lessico delle perizie presentate qualche mese fa alla magistratura per la denuncia della tragedia dell’Ilva di Taranto. Nonostante questo accurato lavoro di restauro, lo spettacolo non è una attualizzazione, una denuncia o un tradimento del dramma di Ibsen, ma un tentativo di recuperare il senso profondo dell’opera linguisticamente, nelle parole pietre che corrispondono a quattro diversi atteggiamenti morali nei confronti del mondo: quattro infatti sono i personaggi rimasti nella nostra versione, quasi fossero campioni umani sotto la lente di un acuto osservatore dei comportamenti e delle idee. Quello che mettiamo in scena quindi non offre soluzioni rassicuranti nelle quali il pubblico possa trovare conforto e compiacimento autoassolutivo ma pone, come nella tragedia greca, gli esseri umani di fronte alla loro fragilità essenziale.
I conflitti sono contemporanei: la presa di coscienza di una tragedia in atto e l’occultamento delle responsabilità, la scelta tra un radicale cambiamento dello stato delle cose e l’impossibilità da parte del potere e della società di accogliere questo cambiamento. Chiaramente e con toni profetici emergono le antinomie: salute/lavoro, ambiente/progresso, democrazia/dittatura della maggioranza.
In due recenti spettacoli La Zona grigia (2011) da I sommersi e i salvati di Primo Levi e in Eumenidi (2012) ultima tragedia dell’Orestea di Eschilo, abbiamo posto le basi per provocare negli spettatori una riflessione sulla partecipazione, sul voto, sui meccanismi della democrazia, sulla responsabilità individuale e collettiva e sul giudizio, questo testo di Ibsen ci dà la possibilità di andare ancora più a fondo.
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